TRENT’ANNI DALLA SCOMPARSA DI EDUARDO: MA IL SUO CUORE BATTE ANCORA

EDUARDO

Trenta anni fa il grande Eduardo De Filippo ci lasciava per sempre. Tuttavia, come aveva detto lui stesso, durante una commovente serata a Taormina: “Il mio cuore continuerà a battere. Anche quando si sarà fermato.” Certo i suoi lavori teatrali ce lo fanno sentire sempre presente, più vivo che mai; ma le sue parole si riferivano, anche e soprattutto, all’eredità che lasciava al suo amato figlio Luca, che avrebbe portato avanti la tradizione paterna.

Per celebrarlo la Rai gli dedica un ciclo di rappresentazioni che si aprono stasera con il breve poema ‘Padre Cicogna’, letto da Luca De Filippo, con accompagnamento musicale del Maestro Nicola Piovani.

Eduardo De Filippo nacque a Napoli, il 24 Maggio del 1900 e morì a Roma il 31 ottobre 1984

Figlio naturale del celebre Eduardo Scarpetta, De Filippo cominciò a frequentare il palcoscenico fin da bambino. Il padre lo costringeva a copiare pagine e pagine di copioni, per farlo abituare alla scrittura teatrale: “Allora era una fatica, per me” dichiarò in seguito. “Ma è stata una cosa che mi è servita moltissimo”.

Il suo primo ruolo importante fu quello di Peppeniello in Miseria e nobiltà, come è stato per molti attori della tradizione partenopea: un ruolo che, molti anni più tardi, segnò il debutto del figlio, Luca.

Gli esordi nel teatro, da adulto, lo videro accanto al fratello, Peppino, ed a sua sorella, Titina. Dopo qualche tempo, però, la compagnia si sciolse, a causa di dissapori, che non si sanarono mai, fra i due fratelli: Titina rimase, invece, sempre in contatto con ambedue: a lei Eduardo dedicò uno dei suoi lavori più belli e significativi, il più rappresentato nel mondo, Filumena Marturano.

La sua vastissima produzione teatrale si divide in cantate dei giorni pari, ossia racconti che hanno un risvolto positivo, e cantate dei giorni dispari, con argomento triste o tragico.

Fra i titoli più importanti ricordiamo: Ditegli sempre di sì; Sik-Sik, l’artefice magico; Chi è cchiu’ felice ‘e me!; Quei figuri di trent’anni fa; Natale in casa Cupiello; Gennareniello; Uno coi capelli bianchi; Non ti pago; Io, l’erede; La fortuna con l’effe maiuscola; Napoli milionaria!; Questi fantasmi! Filumena Marturano; Le bugie con le gambe lunghe; La grande magia; Le voci di dentro; La paura numero uno; Mia famiglia; Bene mio e core mio ; De Pretore Vincenzo; Sabato, domenica e lunedì; Il sindaco del rione Sanità; L’arte della commedia; Il cilindro; Il contratto; Gli esami non finiscono mai.

Ha scritto anche per il cinema e per la televisione, oltre ad una ampia raccolta di poesie, quasi celebri quanto le rappresentazioni di scena.

Il Teatro di Eduardo è caratterizzato da una profonda umanità, o meglio da una appassionata analisi degli uomini, dei loro sentimenti, delle loro gioie e dei loro dolori.

Le sue creazioni sono un omaggio alla vita vissuta dalla gente comune: gente semplice che cerca di tirare avanti, con dolore e sofferenza, ma anche, spesso, con indefinibile ottimismo.

Capita, di sovente, assistendo ad uno spettacolo, di sentirsi estranei, distanti dagli eventi rappresentati: ciò non accade con Eduardo: le cose che egli narra ci appartengono intimamente e noi finiamo, immancabilmente, con il riconoscerci in essi.

E, benché le sue storie continuino ad esistere nelle interpretazioni di altri attori, resta il fatto che Eduardo, come attore, aveva una forza tale nel dar corpo ai suoi personaggi che era paragonabile solo a quella di Michelangelo con le sue sculture: un talento incomparabile, calibrato, attento ai tempi, mai eccessivo.

Oltre alla gente, ai suoi drammi, alle sue farse il suo grande amore era, indubbiamente, Napoli, la sua città natale. Quasi tutte le sue opere sono ambientate a Napoli, come l’indimenticabile Natale in casa Cupiello, che di Napoli e della napoletanità è l’affresco più significativo. Certo è una Napoli ricreata nel ricordo di un artista vero, una Napoli che ricorda molto quelle acqueforti di un’epoca passata; ma è proprio quella Napoli che tutti abbiamo amato, un tempo, e che vorremmo di cuore veder rivivere, priva di ciò che la affligge oggi e che tanto la discredita.

Sebbene simbolo di una Napoli che parlava col cuore, Eduardo non ha mai taciuto sulle sue problematiche e le sue difficoltà: le ha, anzi, centralizzate, facendone addirittura degli emblemi di sofferenza ed espiazione, come in Filumena Marturano e Le voci di dentro.

Ai ragazzi più sfortunati, a coloro che, non avendo mai avuto altre possibilità, avevano scelto delle vie sbagliate, egli aveva dedicato De Pretore Vincenzo, la narrazione delle fortune e delle sfortune di un giovane che, per campare, faceva il ladro; ma anche la situazione difficile di un orfano, un bambino senza un nome, ed in questo egli mise molto della sua vicenda personale di figlio illegittimo.

Di quei ragazzi Eduardo non smise mai di interessarsi: voleva che, per loro, fosse costruito un villaggio dell’artigianato, che desse loro un lavoro una volta usciti dal riformatorio: “È la fiducia la cosa più importante” diceva, “ed è la cosa che questi ragazzi vogliono”. In questo si impegnò personalmente, devolvendo notevoli somme di denaro, frutto del guadagno delle sue opere.

Credo, molto di più delle celebrazioni in suo onore, che pure hanno una grande importanza, conti tanto lo spirito di Eduardo: lo spirito grande di un uomo che ha saputo parlare alla nostra sensibilità e che ha fatto vibrare le corde della nostra anima.

FA

[L’illustrazione che correda l’articolo è frutto della creatività dell’autore ed è riproducibile solo col permesso di chi la possiede]